Tuesday, September 26, 2006

scatti ginevrini

Rosti, a me
Alberi a Ginevra di Pioggia
Composizione con Nonni Neri e Nipote Rossa
Satya e Greg, Mulholland Drive
Overlook Hotel
Sorridere
Shanti e Andrea, in posa
Prodotto di Interi
The Gilmore Girls

con piacere torno a queste pagine.
per portarvi alcune illustrazioni del recente finesettimana lungo a Ginevra.
ovviamente non saranno esaustive.
solo alcuni scatti.
per il titolo, sostate per piu' di due secondi sulle foto.
direi che ho preso una piega lynchana.

baci,
michael

Sunday, September 17, 2006

pioggia settembrina



festa di ieri sera per noi finita alle 2 del mattino, mangiato troppi formaggi, bevuto pochissimo vino bianco: bruciore di stomaco.
bruciore persiste anche al mattino. colazione ore 10 e 40. croissant con burro e marmellata. baguette con cosa? formaggio. impossibile resistere.
portiamo alla stazione di ginevra un'amica di satya, tanya, genitori siriani ma nata in francia. simpatica.
approfittiamo per passeggiare in citta'. ma piove. lentamente, ma regolarmente. sul lago le gocce rimbalzano.
sostiamo in un caffe', nei pressi della vielle ville. torta al rabarbaro. te' con latte.
bruciore continua, sordo ma presente.
farmacia. bevuto un bicchiere di vino bianco. vino bianco? prendi queste, tre al giorno.
camminiamo. troviamo altra sala da te', piu' carina, piu' piccola. scaffali di confetture e vasetti di pomodori secchi, salse varie. bottiglie di sidro. crema di cioccolato.
prendo un te' verde. e mando giu' una pilloletta.
funziona.
crostoni con melanzane, pollo affumicato e parmigiano.
piacevole atmosfera. lingue diverse dai tavoli vicini.
usciamo e torniamo verso la stazione. per incontrare andrea, amica di shanti, e il suo ragazzo. li anticipiamo all'interno di una birreria. buonissima birra bianca fatta da loro.
arrivano. chiacchiere per un po'. in attesa del loro treno.
saluti. promesse di incontri e visite future.
parcheggio. guido un'audi a3 nera noleggiata da jennifer, la mamma di shanti. divertente.
siamo di nuovo a casa di satya.
fra poco pizza con famiglia deleplanque al gia' ricordato O Sole Mio.
niente formaggi?

baci sulle guance.
michael

Saturday, September 16, 2006

il giorno della festa







oggi non piove. l'importante e' bere tanto te'. e mangiare molti formaggi.
siamo a casa di Satya al momento (cfr. documentazione fotografica). mettere le mani su un qualsiasi computer connesso a una qualsiasi rete. obiettivo raggiunto.

ieri abbiamo collaborato alla preparazione della stanza per il party, una specie di palazzetto al di sopra dell'asilo, con palco, cucine, backstage, etc.
tavoli, tavoli, ancora tavoli, apparecchiatura. decorazioni. ma soprattutto sedie. duecento persone sono duecento persone.
la sera la band ha fatto il sound check. che e' durato chissa' fino a quando. noi verso mezzanotte e 30 siamo andati al letto. dopo aver consumato parte delle 10 pizze prese per tutto il gruppo presso un'originalissima pizzeria chiamata O' Sole Mio. beh.

oggi forse incursione al di la' del confine per un giro a Ginevra. le gilmour girls devono andare dal parucchiere. credo che approfittero' e mi faro' un taglio stiloso. con colpi di sole. mal di testa per 3 giorni.
poi passeggiata fra gli orologi.

per stasera sia io che shanti abbiamo un abito scuro (nero, grigio, testa di moro, blu scuro). tutti colori nuziali.

a piu' tardi,
michael

Thursday, September 14, 2006

partenza


Tra un'ora parte il volo firenze-ginevra. Sta piovendo a firenze. Pioverà a ginevra? Shanti ascolta robe sull'ipod. Questo aeroporto è una noia. Non c'è niente. Nemmeno una yogurteria, un poligono di tiro, un misero calcio balilla. Questo è l'ultimo volo della sera. A occhio, siamo 4 gatti ad andare a ginevra. Forse non tutti vanno alla terza festa di matrimonio di una francese-americana e di uno svizzero-francese. Mah, l'importante è andare a cercare orologi e mangiare cioccolato ad nauseam. Poi vedremo.
Certo avessi una tastiera qwerty a portata di mano... Trovo comunque straordinario che uno possa scrivere un messaggio sul telefonino e 2 minuti dopo la stessa cosa è scritta sul blog. Magia nera.
Now the only question still unanswered is the following: will there be more pretty girls in geneva than in florence? We'll soon find out, for the sake of the nation.
Kisses,
michael

Wednesday, September 13, 2006

what the hell do Portuguese christians have to do with this story? (Koorogi, di Aoyama Shinji)

The story of a beautiful Japanese woman (who always wears high heels) and her blind, old, maybe retarded husband/boyfriend. The blind man never speaks, eats with his face directly in the plate, drooling all over the place as she watches and smiles. He sniffs her like a dog while she enjoys watching his empty eyes. He moans when he hugs trees. She tortures him by having their garden tree cut.
I hurt you, you hurt me and we can't live without each other. The film was as painful as their relationship.

kisses, Shanti

Monday, September 11, 2006

money trees (Nuovomondo, di Emanuele Crialese)



Simplicity brings out the greatest truths. Or how a poor Sicilian family leaves everything behind for the New World and clashes with the harsh Immigration policies of the beginning of the 19th century. Nuovomondo is an ode to all immigrants, to all travellers who leave behind what they know for a fuzzy dream where everything turns out to be upsidedown and devoid of meaning and logic. A reminder that not so long ago, us Europeans from the old world were the worst class of immigrants. And though we left our countries once, we cannot welcome people here today.

baci,
Shanti

bigos western (Summer Love, di Piotr Uklanski)


Sono tornati i cappelloni. Questa volta hanno il mullet e parlano americano con uno strano accento. Ah già sono polacchi.
La prima domanda che viene da porsi è: ma dove cavolo l'hanno trovato il deserto in Polonia?
Domanda che persino la ragazza polacca (a volte si dice il caso) che sedeva accanto a me si stava facendo. E se non sa rispondere lei...
Piotr Uklanski, artista poliedrico, per il suo debutto registico ha deciso di rispolverare un vecchio cavallo di battaglia americano, seguendo pero' l'esperienza italiana, per presentarci il far west almeno a sua insaputa. Cowboy sporchi e sanquinanti, ubriachi e deficienti. Uno sceriffo che si finge cieco (e invece e' polacco) e poi si rivela un'incapace. Un cacciatore di taglie per caso, che non e' all'altezza. Una barista che sfoggia un balconcino esagerato e si lancia in monologhi strizzacoglioni. E una masnada di idioti che girano in cerchio, a cavallo tra i monti, seguendo tracce che non ci sono, e sparandosi tra loro.
Insomma, un giallo. Senza il maggiordomo a far da capro espiatorio.
Si ride abbastanza. Si ghigna. Si prova stupore. Si ammirano inquadrature surreali. Si plaude all'impiego di Val Kilmer: cadavere deriso e bistrattato, trascinato e abbandonato sotto il sole, per tutto il film. Fino a 3/4 si aspetta un flashback, si spera che Val parli (polacco), si immagina chissa' quale colpo di scena. Ma niente, niente accade. Ed e' bellissimo cosi'.
Giudizio: un po' lungo, ma giocoso, sporco e cattivo.

Sunday, September 10, 2006

cultura di natura (Mabei shang de fating, di Liu Jie)


Andare a Venezia solo per vedere il cinema asiatico. Non posso che confermare questa risoluzione per la prossima volta. Ammesso che ci sia una prossima volta.
Non credevamo nemmeno di andare a vederlo questo film di Liu Jie. Non sapendone niente ed essendo la mattina alle 11. Ma come spesso succede, certi grandi film uno e' destinato a vederli per sbaglio.
E' il caso di questa delicata storia ambientata nei recessi montuosi della Cina. Sui monti, in paesini di pochi abitanti, la giustizia, come ogni altra cosa, arriva soltanto a dorso di cavallo. Il giudice Feng assieme alla collega sull'orlo della pensione e un giovane funzionario fresco di università si recano a celebrare alcune cause in 3 di questi piccoli villagi dai nomi curiosi (ognuno una parte del gallo: Testa di Gallo, Culo di Gallo, etc.).
Il film si gioca tutto nel rapporto tra i tre rappresentanti dello stato e tra essi e la popolazione locale, che segue regole tradizionali ispirate agli antenati e alle parole del Buddha. Sta tutto lì, nel mediare con saggezza tra tradizioni millenarie per la vita di ogni giorno (gli animali, il raccolto, la famiglia) e le leggi dello stato cinese, che si presentano sulla groppa di un cavallo in un'emblema rosso e oro. Alla fine, quelli che applicano la legge sono sempre uomini; bevono, amano, mangiano patate, cantano vecchie canzoni popolari.
Gran bei paesaggi; gran bello spirito; grandi respiri e un dolce e forte di emozioni imperiture. Applausi per l'esordio alla regia di Liu Jie, finora il nostro favorito. Peccato non sia in concorso. Altro che The Fountain.

tre fotine per The Fountain




Una sola volta ci siamo abbandonati all'attesa degli attori/registi alla passerella. E' stato per la prima di The Fountain. Questo e' il risultato. Pregasi considerare che ho soltanto l'obiettivo di base che al massimo arriva a un'ottantina di millimetri: non esattamente buono per le distanze o i ritratti.

enjoy,
michael


ps. da notare l'espressione di Darren Aronofsky ("Se non apro bocca, forse passo per furbo").

Saturday, September 09, 2006

Lynch ci sta prendendo per COniGLIONI (INLAND EMPIRE, di David Lynch)


Bionde ma anche more. Vecchie che indovinano il passato. Il trio di conigli a misura d'uomo. Le scale, i corridoi, girato l'angolo, le abat-jour. Donne che urlano, barboni e puttane. Il film dentro una storia di film che si girano ad Hollywood, in Polonia, qualcuno racconta storie di bambine perdute. Giostrai parlano polacco, vanno a barbecue scoscesi, ma americani. Tradimenti, rincoglionimenti, ammazzamenti, tante scene con un cacciavite in mano, buona la prima, la seconda e anche la terza, tanto mischio tutto, sai, giro in digitale. M'hanno detto che il dettaglio e' un'inquadratura con cui bisogna esser parchi, e allora esagero. Trucco o non trucco. Espongo pori infiammati, capelli ramati. Sentieri di scale con donne che ri-urlano, ma quali donne? L'attore di prima chi era? Dagli un pass che lo mettiamo in un paio di scene. L'agguato nel corridoio, in un bagno, perso dietro una porta e un vetro, brucio lingerie per diletto. Tutti fumano. Tutti applaudono.
Viva i coniglioni. Nell'ombra si accende una luce profonda, che nero, che nero, c'è niente di vero.

ladri di crocchette (Tachiguishi Retsuden, di Oshii Mamoru)


Ma che idea, portare sulle schermo le storie dei grandi maestri dello scrocco di cibo dai fast food. Fast food giapponesi, si intende. Dal dopoguerra fino agli anni '70. Un filmaccio tra il documentario e l'esegesi bibliografico-culinaria che lascia stupiti (o stupidi) fin dalle prime inquadrature. Si parte con un cielo cupo di guerra: bombe e nuvoloni (bomboloni?). In un bianco e nero fotografato e poi rielaborato in CG. Poi, quando credevamo fosse un film sulla seconda guerra mondiale, una folgorazione: il volto, ancora in b&n, di un vecchio giappo, secco e lungo, dai capelli grigi lunghissimi e svolazzanti al vento. Chi e' questo tipo? Null'altro che il primo dei maestri scrocconi. Lo vediamo entrare in un piccolo ristorante con una serie di controcampi. E il bello e' che la figura del maestro e' come una sagoma di cartone. Cosi' come ogni altra cosa in scena: tutto bidimensionale. Il ristoratore urlante; il cane bianco che abbaia alla luna; il bancone del ristorante. Sembra Flatlandia portato sullo schermo. Molto strano.
Al di la' di queste innovazioni tecniche (importate dal Canada) il film e' una sorta di finto documentario che prende in giro la ricerca scientifica, mette in ridicolo il sistema delle fonti e delle citazioni, se la ride di autorevoli esperti inventati. Condanna, insomma, quella masnada di specializzati che fanno di minuzie enormi questioni di vita o morte, metodo o caos. Al contempo, pero', Oshii riesce a portare sullo schermo uno scorcio storico della cultura giapponese che raramente si vede. Bello sforzo satirico-stilistico, forse un po' lungo e a tratti stagnante, ma forse anche giustificabile nello slancio parodistico.

Bac,
Mic

Friday, September 08, 2006

un materasso nel mare (Hei Yanquan, di Tsai Ming-liang)


Composizione, colore, luci e ombre. Quadri fissi, senza movimenti di macchina. Il movimento e' soltanto interno all'inquadratura. Grandi cornici della durata media di un minuto, attraversate da azioni e reazioni dei protagonisti, in un silenzio dominante. Silenzio rotto soltanto da rumori ambientali, pochissime linee di dialogo e tutta una serie di segni al di sotto della soglia verbale: mugolii, gemiti di piacere, sbuffi, schiaffi, sospiri e gemiti di dolore. Un campionario vasto e difficilmente noioso di espressioni umane e naturali che si inscrivono nel silenzio con notevole grazia.
Quadri di un'esposizione tutt'altro che statica malgrado l'assenza di movimenti di macchina, tutt'altro che zitta nonostante l'assenza di dialogo.
Piani fissi che invitano alla contemplazione del quotidiano: gesti e versi sapori e dissapori, solitudini e congiungimenti.
Indimenticabile la tensione sessuale che cresce lineare e palpabile fino ad esplodere/dissolversi/schiantarsi con una scena di sesso (letteralmente) soffocante e all'ultimo fiato.

Wednesday, September 06, 2006

bolle di sapone (The Fountain, di Darren Aronofsky)


3 quadri temporali, o forse soltanto 3 dimensioni di una stessa stanza mentale. Quella di un uomo che ha perso una donna. Radici di un dolore che attraversa lo schermo. Dolore che avvicina e distanzia il tempo del narrare; dolore che ingloba e si fa esplodere, costruisce e nullifica i piani di realtà.
Visioni di un passato che si fa futuro nella morte. Per morte, con morte ed in morte. Visioni talvolta suadenti, altre volte raggelanti di un dibattito tra maschile e femminile: tra annullamento e creazione. Un duello su un baratro senza fondo, da una parte. Magnifica accettazione del flusso che nel tutto vive, dall'altra.
Grandi giochi stilistici poi non ce ne sono. Meraviglie visive, alcune. Minestrine in costume, da sorbire con garbo, un paio. Lucrezio nella posizione del loto; in salsa messicana.

baci,
Michael

ps. ieri sveglia a un'ore indecente. oggi:prima, nuovo film d'animazione di Oshii Mamuro, poi, le tre ore di Lynch. Siamo in completo nero per la premiazione. Vaporetti d'afa ovunque.

Tuesday, September 05, 2006

al padre avanzava una storia (Gendo Senki, di Miyazaki Goro)


Metti in un sacco: 4 o 5 personaggi di Miyazaki Hayao vecchi tempi (almeno pre-Sen to Chihiro no Kamikakushi), brandelli narrativi di Ursula K. Le Guin e dello stesso Hayao, i paesaggi di una Scozia all'epoca romana, la colonna sonora di Braveheart e i costumi di Rob Roy della valle del vento, ed ecco qua, hai fatto Gedo Senki.
Accozzaglia di caratteri ben animati su fondali piatti piatti che strappa le stesse lacrime della peggior Buffy prime serie.
Nei primi 5 minuti Goro mette così tanta carne al fuoco che in confronto il Giacomelli la gestisce.* Un regno che va in malora, misteriosi equilibri che si spezzano, contadini che abbandonano città (sic), pestilenze ma invece no, carestie, siccità e una geografia fantastica così ambiziosa che al confronto Tolkien ha fatto alla carlona. O, almeno, negli intenti. Perché a 15 minuti dall'inizio tutto quel popo', che di preparato c'era, va bellamente a ramengo. E resta un Malefix voldemortiano che non vuol morire, contro un pischello con una spada sempre da sguainare.
Goro, ridai le chiavi al babbo. E quando hai finito di cazzeggiare chiudi tutto e spengi la luce che lo Studio Ghibli di corrente consuma una cea.

alla prossima,
Michael


*Noto in letteratura come persona che tanta carne sulla brace la gestisce male.

Monday, September 04, 2006

e le menti che abitano il Giappone (Paprika, di Kon Satoshi)


vedere paprika subito dopo (o almeno cosi' pare) Tokyo Godfathers fa un po' impressione. comincia in un tripudio di miccette, un diluvio di colori e la neve dei padrini sembra tanto lontana. ma in fondo il sentimento e' similare. meno toccante e piu' deciso. scienza investigazione e tanto sogno mischiati in un polverone di citazioni che vengono da ogni dove. alcune quasi ruffiane, alla The Dreamers di Bertolucci. ma non scherziamo con i paragoni. i giapponesi sono malati ma hanno nel cuore un sogno. un connubio di energie della madre terra che non puoi trovare in nessun altro posto. vengo dalla visione casalinga, un po' stupita e silenziosa, del primo episodio di Mushishi, altra saga animata sugli spiriti che abitano il mondo, sotto la sua superficie. e allora tutto in questo paprika speziato e roboante di realta' parallele alla fine mi torna. tutto quadra anzi cerchia. e la solita amabile femminile ed eroica protagonista (dei sogni) salva il mondo dall'invidia di immortalita' di un uomo. chi ha detto che Kon Satoshi ha fatto un film lynchiano ha colto nel segno ma, credo, senza saperne il perche'. non c'e' niente di nascosto e quotidiano in questa luce del sole mirabolante e in perenne corteo di paprika. tutte le carte sono scoperte. ma il sentimento di unita' e dualismo originale ricorda, in effetti, certi versi di lynch, certe fughe in vertigine e tuffi nel blu'. chissa' se tutti questi miyazaki di venezia avranno i riconoscimenti che meritano.
e le menti che abitano il Giappone
bruciano tutte
in una direzione.

a presto,
michael

Tuesday, April 25, 2006

alambicchi in sonata corale

pare poi che ciò che impariamo attraverso una tradizione orale si distingua da quello che impariamo per iscritto. (questo per dire quanto la lingua delle canzoni sia diversa da quella dei libri o ancora soltanto da quella delle chiacchere di ogni giorno). eppure certe frasi, certi concetti che impariamo ascoltando le parole di qualcuno o il canto di qualcun altro sono così remotamente incomprensibili al nostro pensiero fatto di lettere e grammatiche. che si ha quasi l'impressione che le idee passateci per via orale rincorrano le loro sorelle per gli snodi della mente, ne percepiscano la presenza, anelino ad un produttivo e procace ricongiungimento. le cose che impariamo per orecchio e maneggiano per bocca non vanno a finire su quelle pagine imbrattate di segni che danzano di fronte ai nostri occhi quando sovrappensiero mesmerizziamo il vuoto. le parole, il loro suono. le parole ed il loro suono se ne stanno in circoli gioiosi di turbinio combinatorio. ballettano e scombinano. rimano e pedinano. l'un l'altra a braccetto.
le parole che ci arrivano da una pagina scritta son tutt'altra faccenda. precise e distinte. irregimentate da norme di battitura e stili di stampa. parole che maneggiano il pensiero in guanti bianchi: per consegnarcelo in purezza; e stanare le manchevolezze scioglievoli di un intelletto pingue e sonnecchioso.
gentile è il sonno di chi ascolta le due voci del senso. poi, con audacia, compone in sordità.

sorrisi,
michael


ps. pane tostato, tahina, miele, banana a fette sottili. tutta un'altra storia.

Saturday, April 22, 2006

Penny Lane - Magical Mystery Tour 1967

si riparte.

lunga assenza. senza scrivere. di me.
breve riassuntino degli ultimi tre mesi nella vita di shanti e me:
il 4 febbraio siamo tornati dalla thalandia che non so ancora se si scrive con la acca oppure no.
per un po' abbiamo cercato un lavoro come insegnanti di lingua in Giappone, Corea, Taiwan.
il 17 febbraio abbiamo trovato (tutti e due) un lavoro al Wall Street Institute di Prato, come insegnanti d'inglese.
il 20 marzo ci siamo trasferiti a Prato. nei pressi della scuola.
il lavoro va abbastanza bene. con una media di 17/18 ore a settimana di lezione. ma stanno un po' aumentando, forse. la prossima settimana ne ho 19, 5 in orario. ma, considerando le cancellazioni, tutto puo' sempre succedere, e posso ritrovarmi in men che non si dica a 15 o 16.

vediamo intanto di fare quest'anno di esperienza. preparando il terreno per una salto in Giappone, a Taiwan, in Corea.

ed arriviamo a oggi.
sabato di una quattro giorni di un ponte che non abbiamo ma quasi. lunedì solo una lezione di un'ora e mezza. quasi ponte. dove andare?
sabato. di pomeriggio tutti in chiesa. Paolo diventa alfin Sacerdote. chi l'avrebbe detto?
di sera cenetta, compleanno Roy.

stamani. svegliato pesante. saranno i tortellini panna e prosciutto di ieri sera? o la pizza marinara che appasta la bocca per giorni?
sapori con cui bisogna convivere. convivere.

sto installando ubuntu (bella distro di linux) su tutti i computer che mi capitano a tiro. geniale. ma non riesco a far funzionare il wi-fi sul comp di shanti. perche? tecnici all'ascolto. ascolto.

colazione. yogi. banane virate al nero. muesli della coop. avete notato come la PAM sia estremamente meno cara della coop, che già di suo è meno cara dell'esselunga? avete notato inoltre che alla PAM ci sono delle cose buone che gli altri non hanno? non l'avete notato? voglio dire, per esempio, il pane da sandwich bello grande (americano dice la confezione) non lo trovate mica alla coop. e nemmeno alla esselunga. meditate.

a prestissimo,
baci sul naso,
michael

Monday, February 06, 2006

Pistoia Prato Firenze: di nuovo a casa

tipo siamo tornati.
oggi vado a dare un'occhiata al blog e trovo due cose:
1. la striscia laterale con tutti i link ai post precenti, agli archivi, agli alri blog etc era sparita. mistero.
2. l'ultimo post, quello del cerchio che si chiude con il nostro arrivo a kuwait city, e' scomparso. lo ritrovero' mai? non credo. non l'ho salvato da nessuna parte. l'ho scritto dall'aeroporto nel poco tempo tra un volo e l'altro, scroccando, come al solito, una delle connessioni wi-fi dell'aeroporto. quindi, boh. riapparira'? qualcuno ce l'ha? non credo.

tuttavia. a parte queste cavolate. siamo di nuovo in toscana. e fa freddo. freddo. e' febbraio, dicono. ma non mi convincono.
per il momento ci stiamo riprendendo dal jet lag. e dell'allontanamento da pizza. bisogna colmare un vuoto.
stiamo anche applicandoci a scuole di lingua e robe simili in giappone. vedremo quali saranno i risultati.

un caloroso saluto a tutti. ci vedremo, alla spicciolata, nei prossimi giorni.
agli amici dei Quattro Tocchi, ci vediamo presto... tipo domani. perche' ho sentito dire in giro che c'e' una partita in casa? verita'? illazione? ho la maglietta stirata comunque. e a proposito di magliette, ma quella nuova c'e' finalmente? ho i maschi della squadra sono sempre relegati ad indossare il retino blu?

baci,
michael

Monday, January 30, 2006

RVP - Capitolo 4: Koh Payam

Da Bangkok siamo partiti il 17 gennaio per raggiungere una piccola isola un po' piu' a sud, vicino a Ranong. Ranong si trova nella penisola Thailandese nel punto in cui la Birmania finisce e la Thailandia continua. Da Ranong e' possibile raggiungere in traghetto, due volte al giorno, l'isola di Payam (Koh sta per isola).

Siamo qui sull'isola ormai da piu' di 10 giorni. Abbiamo avuto il tempo di cambiare alloggio e trovare il posto ideale, tranquillo e remoto.

Sull'autobus notturno da Bangkok a Ranong.
Ci fermiamo a mezzanotte per la solita sosta. Un po' troppo presto, pero'. Sono passate neanche 3 ore dalla partenza e, come direbbe la cameriera de "La Brace", se non ti _dispiace_, stavo dormendo. Le luci tipo astronave aliena ci scuotono e guidano verso il ristoro. Dopo la visita al bagno, rispondiamo sciaguratamente all'appello della hostess. Ci fa strada verso alcuni tavoli apparecchiati con vivande offerte dalla compagnia degli autobus. Sediamo ad un tavolo con di fronte una signora thai anziana e (forse) la figlia. La hostess riempie le nostre ciotoline con una miscela di riso e brodo. Davanti a noi le thai mangiano allegramente. Ci sono quattro piatti comunardi: quarti di uovo sodo diventati blu, foglie saltate di morning glory (una specie di bieta), strisce di carne, una specie di sauerkraut. Cucchiaio in mano, ci guardiamo in un silenzio interrogativo. Le thai parlettano del nostro rifiuto insensato di un pasto delizioso alla mezzanotte di un brusco risveglio. Sentiamo il riso: non e' brodo. E' acqua calda. Teniamo il fiato. Prendo qualche foglia di morning glory. Mitighera' l'acquoso disgusto del riso. No: e' agliosa e piccante. Le thai, soddisfatte, abbandonano il tavolo delle trattative. Ingoiando la nostra sconfitta, ci alziamo e ci allontaniamo in fretta. Salvo evitare il sentiero di escrementi (trail of shit) che dal posto occupato dall'anziana thai corre diretto diretto alla porta del bus, dove la medesima sta sfregando il piede contro uno scalino. Charming.

Smile Hut.
Si trova su (forse) la piu’ lunga e bianca spiaggia di Koh Payam. Ci sono 32 bungalow, ma se ne vedono molti meno; non abbiamo indagato. Quelli piu’ ricercati sono comunque quelli direttamente sulla spiaggia. A parte la prima notte, abbiamo alloggiato in uno di questi.

Punti a favore di Smile Hut.
La capanna (smettiamola di chiamare bungalow una capanna marcia) e' fatta di bambu’. E fin qui.
Sopra il letto c'e' una comoda zanzariera riponibile. Si apre e fa il suo dovere.
Siamo proprio sulla spiaggia. Ma la spiaggia e' lunga.

Punti a sfavore di Smile Hut.
Il pavimento del bagno e' una lastra di magico cemento. Dove e' stato colato. Il resto e' un'aioula pittoresca di sabbia, conchiglie e buon umore.
La doccia ha un getto che sembra uno che piscia contro voglia.
Non c'e' un granche' d'ombra. Anzi, fa piuttosto caldo. Altro che brezza.
Nel mare di fronte a Smile Hut ci sono delle invisibile creaturine (qualcuno ha detto plancton?) che ti mordono ovunque. Il prurito rimane solo per un po', diciamo fino a quando non esci dall'acqua. Le abbiamo chiamate The Prickly-pricklies.

Soluzione.
Siamo andati in giro a perlustrare altri siti notevole in cui bagnare le nostre membra di giorno e risposarle di notte. Sorpresa: i Prickly-pricklies sono soltanto nello specchio di mare di fronte a Smile Hut.
In un resort che si chiama Contact, per un prezzo minore ci danno una capanna in legno con bagno e muratura e piastrelle. siamo su una collinetta che guarda il mare. Tra gli scogli l'acqua e' limpidissima. Nessuno morde. C'e' sempre ombra e fresco. E la doccia ha un getto portentoso.
Certo c'e' da pensarci.

Ci pensiamo.
E il mattino dopo l'operazione cambio capanna viene condotta in modo efficiente, indolore e subitaneo.
Adesso si'.

Vendita.
I negozi di Koh Payam si contano sulle dita di una mano. Quasi tutto cio' che vendono viene in traghetto da Ranong. I prezzi, quindi, sono decisi secondo la celebre Formula Chalet: fai tutto il triplo del mondo normale. Ovviamente il triplo del mondo normale thai e' sempre abbastanza conveniente per gli standard occidentali.

Elettricita', bene prezioso.
Anche qui a Contact, come in tutti gli altri resort dell'isola, il generatore funziona dalle 6 e 30 del pomeriggio alle 10 e 30 di sera. Dopo, il buio piu' totale. Su tutta l'isola.
Quindi ricaricare ogni apparato elettrico e' un gioco che richiede strategia, flessibilita' e capacita' d'improvvisazione.
Una macchina fotografica, un telefonino ed un computer. Vanno fatti girare in una giostra continua e senza fallo.
Resta il fatto che, alle 10 e 30 si deve dormire.
Io al massimo dormo 6 ore a notte. E dalle 10 e 30 si arriva pari pari alle 4 e 30 del mattino. Poi, la noia.
Il sonno di Shanti, invece, si espande ad assorbire tutto il tempo disponibile. Come una spugna insaziabile d'acqua.
Alle 7 del mattino getto la spugna (e non Shanti). E mi metto a scrivere queste chilometriche righe. Almeno finche' la scritta non appare. "Batteria scarica". E tutto passa al mattino dopo.

Oggi, lunedi' 30 gennaio, lasciamo Koh Payam, per tornare alla ridente calda e umidissima Bangkok.
Arriveremo a destinazione martedi' mattina, sul presto.

Baci e alla prossima,
Michael

RVP - Capitolo 3 Parte II: Bangkok

Chiangmai-Bangkok: 9 ore di viaggio. Per ora.
Adesso, dalla stazione degli autobus di Bangkok partiamo alla ricerca di una fantomatica guest house chiamata The Artists' place. Ce l'ha consigliata il solito Ivan, coinquilino francese di Chris a Chiangmai.
Mezzo per raggiungere la guest house? Si', un autobus, locale. Il numero 3.
Lasciamo la stazione, a bordo del nostro nuovo mezzo, alle 7 e 30 del mattino. Il traffico della capitale e' ancora relativamente calmo a quest'ora. Ma, dobbiamo praticamente andare dalla parte opposta della citta'. E non appena arriviamo ad attraversare le zone centrali, il gigante traffico si mostra in tutta la sua temibile potenza.
Scendiamo alla fermata che sono ormai le 10 e qualcosa. Bel viaggetto. E ora dov'e' la guest house?
Buona domanda. La ripetiamo numerose volte, a decine di persone, ottenendo spesso risposte che si contraddicono. Camminiamo per stradine sempre piu' piccole per un'oretta. Alla fine, eccola qua. Nascostissima. The Artists' Place. Il (modesto) contributo del noto pittore Charlee Sopradsert al mondo alberghiero. Ma questo lo scopriremo solo piu' avanti. Charlie si sveglia sempre molto tardi.
All'entrata della guest house, tavolini di legno o in muratura in strane fogge. Piante rampicanti articolano una veranda naturale. Dal soffitto in legno ciondolano i piu' vari ammennicoli: grandi baccelli secchi, sculture in legno, ossa, conchiglie, macchine fotografiche usa e getta, robe non identificabili. Le pareti sono coperte, come nel resto della pensione, da articoli di giornale, disegni, dipinti ed un formidabile numero di cartelli di ogni dimensione e colore. Una guida pratico-morale al quieto vivere. Non scordatevi cose in giro. State attenti ai vostri zaini ed alle cose di valore. 10 simpatici motivi per cui l'alcool e' nocivo. Non portate droghe di alcun tipo qua dentro, le leggi sono ferree in Thailandia. Riconsegnate la chiave alla fine del soggiorno. Etc.
Abbiamo alcuni problemi di comprensione con l'uomo e la donna che ci mostrano le stanze. Perche' lui capisce un po' d'inglese. Lei no, per niente. Diciamo a lui la stanza che vorremmo. Lui dice a lei in thai: portali a vedere questa. Andiamo con lei e poi cerchiamo di spiegare a lei quello che non va. Ma lei non capisce. Allora torna in processione da lui, che intanto e' finito chissa' dove. Rinegoziamo con lui le condizioni. E lui ci rimanda con lei...
Dopo una ventina di minuti di nascondino, abbiamo due stanze. Una, la nostra, con tre posti letto; da meno non c'era. Un'altra per Chris che va sotto il nome di Ladies' Dormitory. Ma e' una piccola stanza, con un letto solo.
Valli a capire.
Partiamo in esplorazione. Stradine ancora. Stradine sempre peggiori. Siamo in un quartiere di periferia. Non brilla. Non splende. E non parla inglese.

Clima.
Quello di Bangkok e' poco piacevole. 30 gradi in media, con umidita' che rende tutto molto pesante. All'umidita' si unisce lo smog, che avvolge la citta' tutta in una nebbia vaporizzata dal caldo umido. Per fortuna quando cala il sole, la sera e' abbastanza fresca e la notte idem. Questo e' il momento migliore dell'anno, la stagione secca. E allora il resto dell'anno? Meglio non pensarci.

Charlee.
Il nostro albergatore e' un tipo simpatico e molto thai. Capelli bianchi appena un po' lunghi. Occhi vispi. In camicia e pantaloni corti, o a torso nudo, mostrando la pancia tonda. Costantemente a mangiare al suo tavolino vicino all'entrata. Fa un punto d'onore di salutarti sempre nella tua lingua. Vorrebbe parlare con i francesi in francese, con gli italiani in italiano, etc. Ma sa soltanto 2 o tre frasi di saluto in ogni lingua. Parla inglese, pero'. Si alza sempre tardi. Dipinge, quando ne ha voglia. Dipinge quasi sempre barche sul mare. Decine e decine di quadri di barche. E poi nudi femminili e qualche pezzo astratto. In gioventu' era un musicista e suona tuttora, di quando in quando, con alcuni giovani componenti della sua famiglia. Se volete, potete comprare un loro cd. Quando chiediamo aiuto per qualcosa, un favore, un consiglio, risponde sempre "No problem, pas de probleme". E' uno dei tormentoni di questo viaggio.

Mangiare vegetariano.
Abbiamo alcune difficolta' a trovare cibo vegetariano. Farsi capire e' arduo. Anche quando Charlee ci suggerisce di dichiarare il nostro status di vegetariani usando il thai: Cian Gheen Ge. O qualcosa di simile. Quando dice una frase in thai, ammesso sia corretta, vanno tutti in confusione.
Una sera siamo stati in un MK Restaurant. Una catena di ristoranti non sponsorizzata o fondata dai Marlene Kuntz. Ma una catena di ristoranti dove vi sedete ed al centro del tavolo c'e' una pentola con del brodo. Mentre il brodo si scalda, ordinate quello che volete, pesce, carne, verdure, dim sum, etc. Quando il vostro ordine arriva, immergete le varie pietanze nel brodo per cuocerle brevemente. E per farvi la vostra zuppa personale. Ognuno dei commensali ha una propria ciotola, delle salse, un mestolo per gestire il bollito. A voi il cucchiaio.
Un giorno, delusi dai ristoranti vicini, abbiamo chiesto dov'era il piu' vicino quartiere indiano. Al di la' del ponte; ci hanno risposto. Non lontano. Possiamo vedere il ponte sul fiume da qui. Prendiamo un autobus e per fare due fermate rimaniamo sopra per mezz'ora, imbottigliati nel traffico. Scesi, troviamo un posto in cui mangiare qualcosa di non-thai, per una volta.

KohSan Road.
La strada dei turisti a Bangkok. Un altro mercato senza pause. Bancharelle e negozi. Massaggi, ristoranti, tatuaggi. Un brulichio di tipi da spiaggia tatuati, con dreadlock o rasta d'ordinanza. Sembra che il mare sia dietro l'angolo. Anche no.

fine pate II, fine capitolo 3.

Friday, January 27, 2006

Go-go bar e lady-boy

Siamo andati, cosi per vedere, in un go-go bar. Nella penombra segui una cameriera vestita nello stile di una studentessa giapponese. Ti porta a un tavolo in un angolo con una vista sul podium-bar dove ballano 5 donne. Ovviamente piccoli vestiti stretti (che assomigliano a costumi da bagno), generalmente bianchi per fare effetti con la luce ultra-violetta. Hanno tutte un numero. Intorno al bar ci sono soprattutto uomni bianchi ma anche qualche uomo asiatico, tutti a guardare queste ballerine strane. La maggior parte delle donne non fanno tanta fatica, quasi quasi non ballano, forse perche' sanno che devono lavorare cosi' fino a mezza notte, l'una. Altre invece hanno un altra tecnica, muovono tanto il posteriore per attrarre lo sguardo dei uomini. In qualsiasi momento, un uomo puo' chiamare una cameriera dicendole il numero che gli piace. La donna con quel numero lo raggiunge, lo fa spendere soldi in bebite e se l'uomo le piace un minimo vanno via insieme. Per portare via una donna prima di mezzanotte devi pagare 500 baht (10 euro) al bar. Dopo paghi in media 1000 baht (20 euro) alla donna. Se non hai tanti soldi puoi aspettare dopo la chiusura del bar cosi non paghi la commissione e puoi anche negoziare il prezzo con una delle donne che non sono state scelte. Nella mia opinione (anche in quella di Michael) ce n'erano poche discrete, il problema e' sempre il viso. Queste donne arrivano della campagna. Sono crescuite nelle risiere, in una casa di latta con una tv che le fanno sognare un mondo di soldi, bei vestiti, macchine, insomma l'occidente. Arrivano nella citta' con niente e si ritrovano nei go-go bar dove in due notti possono fare gli stessi soldi che la loro famiglia fa in un mese. Il sogno e' sempre quello di incontrare un occidentale che non si rende conto della loro mancanza di educazione e del loro accento campagnolo. Un thai con soldi non si avvicinerebbe mai a loro.
Ma attenzione, quando in un gruppo di ballerine ne vedi una bella, molto curata, molto graziosa, e' quasi sempre un lady-boy. Un lady-boy e' un uomo nel processo di diventare una donna. Puo' essere a stadi diversi del suo cambiamento. In genere, un "buon" modo di pagare per le operazioni e' la prostituzione. Certi go-go bar fanno lavorare soltanto i lady-boy. Sembrano essere totalmente accettati dalla societa' thai. Puoi vedere tranquillamente pubblicita' per il cambiamento di sesso nei piu' grandi giornali; costa sui 2000 dollari, piu' o meno lo stesso prezzo per rifarsi i seni. Ho scoperto una regola della societa' thai in questi ultimi giorni. Devi sempre tenerti a distanza dagli altri, non perche' non ti piacciono ma per evitarti situazioni imbarazzanti. E' cosi che i thai possono sembrare molto tolleranti o molto menefreghisti. Nel caso dei lady-boy, penso che in verita' non sono veramente accettati. Per esempio, se parlando con i thai hai l'audacia di dire che i ladyboy forse fanno sesso con altri uomini, ti guardano come se fossi impazzito. Sesso con un altro uomo non esiste. La tecnica dello struzzo.

RVP - Capitolo 3: Ricchi Thai

Con il poco rigore ma l'estrema pignoleria a me concessi, vado ora a dire di come i tre da Chiangmai arrivarono a Bangkok. In un battibaleno.
Partenza alle 9e30 della sera dalla grande stazione di Chiangmai, con tutti i nostri zaini.

Ai due grandi zaini piu' uno piccolo, se n'e' gia' aggiunto un altro piccolo, acquistato qua all'uopo. Una copia di uno zaino della north face; ma una copia buona, dice il ragazzo che ce lo vende; ma mica tanto, diciamo noi; le cuciture danno gia' segni di stanchezza.
Mentre aspettiamo il nostro autobus "first class", sediamo gia' un po' stravolti e ammiriamo il gran numero di gente che parla al telefonino. Sembra di essere in Italia.
Arriva il bus: due piani, tutto decorato da tende rosa con gale e trine. Al secondo piano, appena dietro il parabrezza, dominano di poppa statuine del budda e coccarde e collane di fiori. Di un kitsch senza appello.
Depositato il bagaglio pesante. Entriamo e saliamo su, abbiamo tre posti proprio in prima fila; due a sinistra, e uno a destra. In mezzo, pende dal soffitto il gran televisore.
I sedili, viola, hanno ognuno in dotazione una copertina colorata e un cuscino mezzaluna da mettere dietro al collo. Che mente fervida questi thai.
L'aria e' gia' bella fresca. Chiudiamo le bocchette sopra la nostra testa. Speriamo bene.
Poco dopo la partenza, la hostess passa a consegnarci un bel panino rotondo tipo brioche, confezionato in pacchetto trasparente. Fattolo brillare, e spezzato in due il pane, constatiamo la presenza al cuore di filamenti troppo simili a materiale ittico per intenerire il nostro palato sotto stress. Lasciamo perdere.
Recliniamo il sedile il piu' possibile e allunghiamo le gambe davanti a noi; fortuna che abbiamo un po' di spazio, essendo in prima fila. L'assetto e' comunque sommamente scomodo. Unica consolazione, il cuscino mezzaluna.
La tv ha gia' cominciato a straziare con uno strano film cinese doppiato in thai. Un horror tra mafiosi girato come 30 anni fa senza l'ardire pionieristico ne' i soldi per permettersi degli attori. In scene che sono lunghi stalli, comparse spaesate si fissano per ore, finche' frasi in thai fuori sincrono non ne riempiono le bocche vuote e pesciparlanti.
Passa poco tempo prima che ci rendiamo conto che il freddo polare che sentiamo non ci abbandonera' fino a Bangkok. Il rumore e la potenza dell'aria condizionata sono sbalorditivi e testardi come la politica estera americana degli ultimi settant'anni.
Tutti scompaiono sotto la copertina d'ordinanza. Shanti ha messo il cappotto lungo. Io ho solo un maglione per difendermi.
Alle 2 del mattino ci fermiamo per una sosta di 10 minuti a una specie di area di servizio. Non voglio neanche scendere. L'area di servizio thai e' un ristorante thai per thai immenso, con tanti tanti tavolini, area cucina, frigoriferi di bibite inumane, banchi e scaffali di dolciumi, dolciumi, roba fritta, dolciumi e robe salate e confezionate e noccioline e anacardi, e, infine, altri strani dolciumi colorati. Piu' dei bagni per cui paghi 3 baht ed esclami MioDio.
Ripartiamo.
Tentativi di sonno, continuamente interrotti da brividi e luci/rumori molesti.
Alle 5 e 30 tutte le luci si riaccendono a festa. La hostess passa a darci un caffe' thai (caffe' e sul fondo della tazza uno strato di latte condensato; dolcissimo). Si', sugli autobus thai di un certo livello c'e' una hostess come sugli aerei; vestita in uniforme come sugli aerei. E anche l'autista sembra un pilota.
Purtroppo, malgrado il risveglio, non siamo arrivati. Manca ancora un'ora. Ma bravi.
Un'ora che spendiamo a chiederci perche' mai debbano tenere la temperatura cosi' vicina allo zero assoluto, quando tutti, e dico tutti, hanno freddo. Freddo. Si coprono con tutto cio' che hanno, e stanno tutto il viaggio a tossire, starnutire, rantolare e cambiare posizione alle gambe e al cappello.
Siamo giunti ad un'unica conclusione; l'autobus first class costa di piu' e in qualche modo quella differenza la devono giustificare.
Thai ricchi, di broncopolmonite.

Wednesday, January 25, 2006

RVP - Cap 2: Ultimi giorni a Chiangmai, Cafe' Suisse e Cene Mapperché

Da Chiangrai torniamo a Chiangmai. Arriviamo la sera alle 8 e qualcosa. Siamo senza alloggio. Chris torna alla Giant House, la guest house dove e' stato per tutto il suo soggiorno a Chiangmai.Io e Shanti vediamo di cercare un nuovo posto, velocemente.Proviamo in un posto che si chiama Home Place ed e' proprio nella stradina dietro all’edificio in cui frequentiamo il corso. Volevo vedere com'era da un sacco di tempo. Da fuori sembra moderno e piacevole. Chiediamo il prezzo e ci dicono 400 baht per notte, che e' molto di piu' di cio' che paghiamo di solito. Chiediamo di vedere una stanza ed e' uno sgabuzzino (a nice box room) al quarto piano. Con la televisione, ma chi se ne frega. E' due metri per due e il bagno fa schifo. No, grazie.Tentiamo un secondo posto. Vicino alla Eagle House (il posto immerso nella jungla con il ragazzo che guarda la tv e si mette lo smalto alle unghie dei piedi). Non ricordo come si chiama, ma anche questa sembra carina da fuori. Ci chiedono 300 baht, vediamo la stanza. Un po' calda, senz'aria. Non molto grande; bel letto. Il bagno ancora una volta e' la cosa peggiore della stanza. Abbiamo notato che le stanze sono sempre rovinate dal bagno. Decidiamo di prendere la stanza, abbiamo gia' la chiave. Poi ci ripensiamo. Riconsegniamo la chiave. Grazie.Torniamo alla Eagle House, per stanotte. Poi vedremo.Il mattino seguente abbiamo l'idea di chiedere se ci sono stanze libere nel posto dove alloggia Caroline. Caroline, 29 anni, di Reading, Inghilterra. Ha una casa a Reading che affitta a giovani laureati che hanno trovato un lavoro in citta', ma non possono permettersi di vivere da soli. Con l'affitto mensile di una sola stanza (la sua) si paga i viaggi e le spese. Il resto lo usa per pagare le rate dell'ipoteca e i servizi della casa: elettricita', acqua, etc. E' a Chiangmai da settembre; prima e' stata al mare, sempre in Thailandia; ancora prima in Australia. E' una strana tipa che si interessa di tutte le discipline post-hippie allo stesso tempo: meditazione, aura, dieta del gruppo sanguigno, massaggio svedese e thailandese, reiki, yoga, ed anche il "poi", quella roba da giocolieri con pallette attaccate a catene che si accendono come torce e si fanno ruotare con le braccia per formare cerchi nel buio. Mah. In questi 4 o 5 giorni che siamo stati via da Chiangmai abbiamo lasciato i nostri zaini e tutta la roba nell'appartamento di Caroline. Quindi uniamo le due cose e vediamo se nello stesso posto c'e' una stanza anche per noi.Il proprietario e' adesso uno svizzero-tedesco che sta facendo fare dei lavori al pian terreno per ristrutturare il ristorante che c'era e aprirvi un caffe' svizzero. Se qualcuno sa cos'e' esattamente un Cafe’ Suisse, si faccia avanti.La palazzina ha 4 piani, piu' il piano terra dove verra' il ristorante. Lo svizzero ci chiede 500 baht per notte. Gli diciamo che staremo una settimana e riduce a 350 baht. Vediamo la stanza, all'ultimo piano. Grandissima, luminosissima, con piccolo balcone. Piastrelle ovunque, bagno piastrelle rosse pulito e nuovo. Grande tv con casse esterne e lettore CD/MP3/VCD. Frigo.Shanti chiede ancora un po' di sconto. 300 baht (6 euro).Lo prendiamo.In pomeriggio vediamo Caroline al piano di sotto, le raccontiamo e ci riprendiamo tutto il bagaglio.I giorni successivi sono stati ripasso ripasso ripasso, in gruppo a casa di Caroline, o da soli. L'esame e' il prossimo martedi'. Il lunedi' facciamo ripasso anche in classe.Il mercoledi' lezione rilassata su curricula, colloqui di lavoro ed altre practicalities.Il giovedi', finalmente cerimonia di premiazione. Voglio dire, cerimonia di diploma. Ma sembrava una premiazione.Andiamo alla scuola verso le 11, sono (quasi) tutti li'. Ma non in classe, fuori, nell'atrio al secondo piano del prestigioso e defuntissimo centro commerciale Suriwong Plaza. Siamo tutti intorno a un tavolo. A fare due chiacchiere. Mancano soltanto John e Ben. John arriva con qualche minuto di ritardo. John chiama Ben al telefono alle 11 e mezza. Ben dorme. Ancora ben ubriaco da ierisera. Ierisera. Mercoledi'.Andiamo a cena tutti insieme, dai. Che ci divertiamo, dai. Andiamo a cena in un ristorante lungo il fiume. Un ristorante incredibilmente vicino e somigliante a quello lungo il fiume in cui siamo andati qualche settimana dopo l'inizio del corso, tutti insieme. Allora non ci piacque. Troppo per turisti. Con prezzi da turisti: 4 volte i prezzi normali per gli stessi piatti thai fatti peggio; e prezzi occidentali per piatti dal nome occidentale che non si trovano da altre parti ma comunque del sapore occidentale poco hanno. Ma c'e' l'atmosfera. In riva al fiume, le lucine, le candele, quello che che vuoi. E la musica. Ah, la musica, la musica, la musica, la musica. Troppo alta. Troppo sempre la stessa. Cantante thai che fa classici 60/70 occidentali con accento thai, ma che dico, classici americani e basta. E che due palle. How many times must a man hear the same songs, before he feels like dying?Comunque qualcuno (non si sa chi) ha scelto il ristorante. Pensiamo l'abbiano scelto i "locali", quelli che stanno in thailandia da un bel po' di tempo, ovvero Ben, Nick e Del. Ma chissa'.Il fatto e' che su 8 di noi, 5 sono vegetariani o quasi-vegetariani. E in questo bel ristorante di piatti vegetariani ce n'e' uno, si’ e no. Il resto carne e carne alla maniera thai, oppure carne e carne alla maniera burger, hotdog e persino lasagne, si fa per dire. Ma perche' siamo venuti in questo posto allora?Ben arriva in ritardo di 20 minuti, come suo solito. Porta con se' una bottiglia di Whisky 100 Pipers. Premessa: volevamo fare un regalo di fine corso al nostro trainer Tom. Nick, Del e Ben suggeriscono una bottiglia di whisky. Ora, Tom, da buon inglese, e' un mezzo alcolista della domenica. Perche' fomentare il vizio? Noi altri 5 suggeriamo qualcosa di diverso, un libro, un software, al massimo una bottiglia di buon vino. Allora Ben, che sarebbe andato a comprare il regalo, dice ok, gli compriamo una copia di Microsoft Encarta; Tom ha detto a lezione che la stava cercando, gli fara' piacere. Benissimo. La sera della cena, Ben arriva con una bottiglia di Whisky. Pensiamo. Ma non ti avevamo detto che il whisky non ci piace? Non lo volevamo neanche ragalare a Tom. Lo vogliamo bere noi? Ma perche' portare una cosa del genere?Infatti, nessuno ne ha voglia. Ne beviamo un po' allungatissimo con cocacola o soda, per far piacere a Ben. E questo, ovviamente fa salire il conto finale, perche' alla fine consumiamo mille bottiglie di cocacola e di soda.Ben, non contento, e come al solito, vuole ordinare alla maniera thai: si prendono tanti piatti e poi, ognuno con davanti il suo piatto di riso, prende quello che vuole dai vari vassoi sul tavolo. Il bello e' che Ben chiede all'inizio della cena se a qualcuno la cosa puo' andare e tutti quelli vicini a lui gli rispondono: no, grazie, io prendo questo tal piatto; no, preferisco prendere qualcosa di diverso; no, grazie, sai, sono vegetariana; etc.E lui che fa? Ordina in thai, visto che parla thai fluentemente.Poi, quando le sue portate cominciano ad arrivare, ci rendiamo conto che ha ordinato per cento persone. Chi mangera' tutto? Boh. Ma perche'?Alla fine, il conto si divide in 9, egualmente. Spendiamo 4 o 5 volte piu' di quello che spenderemmo in un posto normale. Con poca soddisfazione del palato, della vista, e dell'udito.Contiamo il totale dei soldi, e sembra ci siano 20 baht in piu'. Quindi nessun problema. La cameriera (o meglio, il cameriere ladyboy) prende i soldi e torna dopo due minuti dicendo che mancano 30 baht. Su un totale di quasi 3000. Ma lei li vuole. E va beh. Ma perche'?Ce ne andiamo, quasi tutti; rimangono solo Ben, John e per un po' Del. Finiranno la bottiglia di whisky aspettando di ascoltare il proprietario del locale che, dice, sia un genio della chitarra. Allora e' per questo che siamo venuti a cena qui? Ma lo scopriremo soltanto il giorno dopo.L'episodio si qualifica quindi come una perfetta Cena Mapperche'. Una di quelle occasioni in cui non puoi fare a meno di farti piu' e piu' volte la stessa domanda: ma perche'? Tipo quelle feste di compleanno a cui vai da solo e conosci soltanto il festeggiato. Una cosa cosi'.Tornando a Giovedi'.Quando Ben arriva, un'ora dopo l'orario convenuto, possiamo cominciare la cerimonia. Chiamata del nome, stretta di mano, presentazione del certificato agli astanti, fotografia ed applauso. Un classico. Pranzo offerto dalla scuola. Buono. Preparato dalla mamma di Aom, la direttrice thai di questa filiale della Text-And-Talk Academy.Ci scambiamo gli indirizzi e poi ognuno per la sua strada.La sera abbiamo il bus per Bangkok. Tempo di bagagli e trasloco.
fine capitolo 2.

sono le 10 e 18 di mattina. e' l'ora di un bagno. qui a Koh Payam.baci,
Michael

Sunday, January 22, 2006

RVC - Capitolo 1, Parte III: Chiangrai e' un bijoux. O quasi.

Quando la barca lunga attracca a Chiangrai sono circa le 4 del pomeriggio.
Si ripresenta il compito di sempre: cercare una guest house.
Chris ha ricevuto un consiglio da un amico francese che abita nella sua stessa guest house a Chiangmai (dove facciamo il corso; i nomi sono simili, non vi confondete). L'amico francese, che per comodita' chiameremo Ivan, ha suggerito di andare alla Lek House.
Appena scesi dalla barca ci danno due volantini, uno e' per Lek House. C'e' anche una mappa per raggiungerla. Andiamo li'.
Partiamo ovviamente a piedi. Lek House sulla mappa non sembra troppo lontana dal fiume.
Lo e'. Esattamente dalla parte opposta della citta'. Camminiamo chiedendo indicazioni per un'ora buona.
Poi, infine, eccola la'. Sulla sponda di un piccolo canale, giallo fango ma pulsante di pesci grossotti. Immersa in alberi e cespugli tropicali. Pensione di artisti e turisti.
Ci sistemiamo. La nostra stanza non e' poi troppo male (certo dipende dai gusti).
Partiamo subito per una breve ricognizione della citta'. Percorsa una via lunga e larga arriviamo a quello che riteniamo essere il centro. Mercato ortofrutticolo lungo le stradine, un mucchio di gente. Banchi e banchini che arrostiscono, cuociono, offrono cibo. Il solito, ovunque. Negozi di ogni tipo che vendono tutti le stesse cose: dalle radioline, a tutto il fritto possibile, alle creme per sbiancare la pelle; questa la varieta'.
I negozi in thailandia, mi ripeto, non seguono categorie merceologiche; vendono di tutto un po', quello che capita, quello che serve, quello che trovano. Una casa aperta sulla strada, con un frigo di bibite e due pacchi di roba fritta, e' un bar. Un locale con porte a vetri sulla strada, due materassini e un sorriso, e' un centro massaggi. Ma puo' anche vendervi un te', una gita sulle colline, un gelato alla papaia, e affittarvi uno scooter. In pratica, riassumo, in thailandia non distinguono i negozi per categoria, solo per taglia. Hai 3 metri quadri? Vendi 20 oggetti diversi. Hai 30 metri quadri? Vendi i soliti 20 oggetti piu’ altri 100.
Tornando alle strade del centro di Chiangrai. Vagolando arriviamo a un tempio in stile buddista cinese; ci soffermiamo ammirati davanti a un budda ciccione dorato con orecchini da un quintale e un ombelico forato grosso come un pallone; chissa' perche' forato.
Poi ripercorriamo i nostri passi all'indietro tornando allo stradone a due corsie che congiunge Lek House con il centro. Deviamo verso strade secondarie e ci imbattiamo nella zona dei bar per turisti, ma non troviamo alcun ristorante che faccia al caso nostro. E allora via, verso casa.
Mangiamo vicino alla guest house in uno posto strano e piccolissimo dove per intercessione di una cliente che parla un po' d'inglese riusciamo a spiegare alla ristoratrice cio' che vogliamo. Posto strano dicevo perche' sulla strada ha un grande cartello (con disegno di maialino danzante) che ne segnala la presenza; poi, una volta addentratisi nell'aia, si rivela essere un piccolo posto adiacente a un'abitazione, con un bancone dove preparano snack per studenti della vicina scuola pubblica. La palestra della scuola e' proprio a due passi e poco dopo il nostro arrivo due o tre gruppi di sportivi post-sport si fanno vivi per la cena.
Digressione: termini come cena o pranzo o prima colazione, per i thai, non hanno alcun senso. Qui l'unica regola e' che mangi quando hai fame. Bello, sembrerebbe. Ma il corollario immediato e' che trovi cibo sempre, ovunque, e quantunque. Giri per le strade di un qualsiasi posto, Bangkok cosi’ come il piu’ sperduto villaggio di cento anime, e dalle 7 di mattina alle 11 di sera sei costantemente immerso in odori di frittura, rosolatura, bollitura, arrostimento, cottura al vapore. Insomma, non so. Alla lunga, puo' stancare.
Tornando al bancone ristorante. Lo snack piu' in voga e' una fetta di pane (tipo pane in cassetta), tagliata molto alta, immersa nell'uovo sbattuto, cotta nel wok con un po' d'olio, condita con burro, latte condensato e zucchero a pioggia. Aaahm.
Alla fine mangiamo ancora riso saltato con verdure, ma stavolta anche il riso e' saltato insieme alle verdure e quindi, come spesso succede, te lo servono nel centro del piatto in forma di collinetta cilindrica (forma a stampo fatta con la scodella di riso). Quando e' arte, e' arte.
Te' e a letto.
Il giorno dopo, di buon mattino, chiamiamo al telefono Del, nostro compagno di corso di 49 anni, originario dell'Essex, che vive da qualche anno a Chiangrai, con moglie thai e bimbo di 6 mesi. Ci eravamo messi d'accordo per fare un saluto, una volta giunti a Chiangrai.
Del e' (era) un muratore diviso tra il lavoro, i viaggi in Asia e l'alpinismo. Ha provato a lavorare come muratore anche qui in Thailandia, ma con scarso successo, considerata la misera paga di un lavoratore thai medio. Poi, piu' recentemente, ha tentato, qua a Chiangrai, il business dei tour organizzati (rafting, trekking, etc), ma con grande difficolta', non essendo Chiangrai meta di molti turisti, e, se pure vi giungono, arrivano qui con un tour gia' fissato da agenzie nel resto del paese. Infine, ha deciso di provare la carta dell'insegnamento dell'inglese, facendo il pendolare tra C-rai e C-mai per fare il corso.
Del dice che ci raggiungera' alla guest house verso le 2. Propone di andare a bere/mangiare qualcosa alla Chiangrai Beach.
Il figlio di Del si chiama Johnny, e quando il trio arriva alla guest house, tutte le donne li' presenti si litigano il bimbo. La moglie di Del va alla ricerca di un taxi per portarci a destinazione. Johnny rimane in braccio a due sconosciute.
In Thailandia pare che i bambini siano figli un po' di tutti. La famiglia e' molto ampia. Gli abitanti di un distretto si conoscono tutti e formano una grande famiglia. Ognuno ha tante mamme, tante zie, tanti figli. Interessante. Non e' affatto raro che uno o piu' figli vengano passati da una madre alla propria sorella o al proprio fratello, perche' questi ultimi possono meglio provvedere per la prole (magari vivono in citta' invece che in campagna o collina), oppure perche' non possono avere figli loro. Ben, altro inglese nostro compagno di corso, e Fai, sua giovane moglie thai, hanno una figlia di 9 anni che sta con loro ma e' in realta' figlia della sorella di Fai, che non poteva mantenere la figlia. Gary, australiano che ci ha accompagnato sull'isola dove siamo tuttora, e la moglie Juan (nessuna certezza sul nome) hanno due figli maschi, 13 e 9, che sono in realta' figli della sorella di Juan, ma passati a lei perche' questa non puo' piu' avere figli.
Trovato il taxi, 20 minuti di strada, eccoci alla Chiangrai Beach. Ovviamente lungo il fiume. Non c'e' mare quassu'. Tutta una serie di capannucce tipo mini mini bungalow aperti su tutti i lati. Si susseguono lungo la sponda del fiume. Sotto i tetti: un tavolino basso, stuoie, cuscini a cuneo (per appoggiarsi col gomito, ricordate; niente sedersi sul cuscino), ci sediamo e ordiniamo da bere. C'e' una gentile brezza. C'e' ombra. I picchi alti e coperti di tropico davanti a noi. Piacevole pomeriggio a fare due chiacchiere.
La sera, salutata coppia e bambino, andiamo a fare una visita al Night Bazaar locale. Molto meno caotico, molto piu' piccolo, venditori molto meno insistenti, di quello di C-mai. Dopo cena, Cat Bar segnalatoci da Del, dove il proprietario thai di nome Sam (tre denti e un sorriso, grande chitarrista e suonatore di ogni cosa) lascia suonare chiunque per istantanee jam. Ho strimpellato, ma non la sera stessa, il pomeriggio del giorno dopo; sempre meglio se non c'e' nessuno. Pero' c'e' un bel tavolo da biliardo e scrivendo il tuo nome sulla lavagnetta puoi sfidare il vincente senza pagare alcunche'.
Giorno dopo, ripartenza per Chiangmai, di gia'. Con attesa di qualche ora sempre al bar di Sam. Il nostro autobus parte alle 17 e 30.
Arriviamo a C-mai di notte. Domani e' venerdi' e ci aspetta un finesettimana di ripasso e preparazione per il test finale.

fine parte III, fine capitolo 1.

Breve irruzione nel presente.
Sono le 8 e 51 del mattino, qui sull'isola di Koh Phayam.
Credo che andro' a fare colazione, per i thai non ha senso, ma per noi si'.
Domattina andiamo a farci fare il timbro sul visto alla frontiera con Myanmar (la Birmania).

A presto,
michael

Friday, January 20, 2006

REC. VIAGGI PREC. - Capitolo 1: Gita a Thaton e Chiangrai. Parte II

Siamo affamati a Thaton.
Dopo qualche incertezza attraversiamo il ponte che unisce le due parti del paese divise dal fiume (no, non ricordo come si chiama il fiume, che ci posso fare?). Su una sponda del fiume una grande costruzione in muratura si annuncia come un ristorante. Decisamente il piu’ grande, e il piu’ caro, che potete trovare da queste parti. Tra i tavoli ce n’e’ soltanto uno occupato, da sei o sette thai. Il resto, vuoto. Sara’ gia’ tardi? Quasi le due del pomeriggio.
Ma dove sono tutti i turisti?
Abbiamo l’impressione che di turisti, a Thaton, ne passino ben pochi, almeno in questo periodo. Eppure e’ la stagione migliore. Punti interrogativi sopra la testa.
Thaton sembra piu’ un luogo di villeggiatura per thai. Qui, non sono ancora riusciti a copiare la formula vincente di Pai: mille ristorantini, mille noleggi di moto, puttanate post-hippie che cominciano dal vestiario di gusto indiano e finiscono con i dreadlock e i tatuaggi fatti tra un green curry e uno spiedino di pollo. Pai e’ un posto orrendo, tutto turismo e finti ammennicoli. Thaton e’ soltanto un posto orrendo.
In compenso (c’e’ sempre una compensazione), la natura ed il paesaggio appena fuori Pai e subito fuori Thaton sono spettacolari.
Al ristorante Mirafiume hanno, come spesso succede, niente di vegetariano. Quindi finiamo con le solite verdure saltate e riso in bianco. Che sono anche buone, ma sempre le solite. Il ristoratore, che si prende personalmente cura di noi, e’ uno strano, robusto e auro-inanellato miscuglio tra un boss di cosa nostra e un narcotrafficante colombiano, ma molto thai. E’ con piacere che lo abbandoniamo alle sue telefonate quando ci fa il conto e ci saluta.
Prossima tappa, ricerca di una guest house. Torniamo dall’altro lato del ponte e ci infiliamo in una stradina che corre lungo il fiume. Vi si annoverano:
- alcune drogherie o empori, negozietti che vendono un po’ di tutto.
- alcuni ristoranti thai per thai (TxT); riconoscibili, credo di aver gia’ spiegato, dai piatti di plastica cilestrina o verde acqua, dalle tovaglie in acetato sponsorizzate esclusivamente dalla nestle’ o dalla pepsi, e dai poster pubblicitari che tappezzano interamente le pareti; anche questi o della nestle’ o della pepsi, in ovvio pendant con le tovaglie.
- il piccolo attracco da cui partono le barche lunghe per Chiangrai (vedi poi).
- una guest house che si chiama Apple (pronuncia “Appon”); sorta di baita sudtirolese deserta, con tavoli e tavoli. sullo sfondo, il lungo bancone del bar, deserto anch’esso. alla sinistra del bancone una tv sempre accesa. splendida atmosfera da Overlook Hotel pre-fiumi di sangue.
- poi, in fondo alla strada, una baracca ristorante con cucina sempre in moto tipo castello mobile di Howl, che chiaramente offre anche servizi di guest house.
Ora, considerando che lungo la strada principale del paese c’era una guest house non troppo male, che sull’altro lato del fiume (sul lato opposto al ristorante del mafioso d’oro) c’era un albergo a 3 piani (anch’esso molto baita) che forse offriva camere discrete, e che infine nessuno di noi ha abbastanza shining per affrontare la Apple, dove finiremo per alloggiare?
Esatto, nella peggiore opzione. La guest house in fondo al fiume, di cui gia’ ho rimosso il nome.
Una signora thai ci guida alle nostre stanze. Spartane (ma dovremmo chiedere agli spartani se il termine si adatta), anguste, con bagno alla turca e lavandino alla cipriota (quello di metallo in cui ti lavi le mani con distacco, non solo sentimentale). Le pareti della nostra stanza quadrata finiscono, in alto, in una fila di grate in cemento che corre lungo tutto il perimetro. La finestra ha soltanto degli scuri, chiusi male. Praticamente dormiamo fuori. E la notte a Thaton fa freddo, dicono.
Assicurata la stanza per la notte (e chi ce la frega?) torniamo all’assalto esplorativo del villaggio. Vicino al ponte, diametralmente opposta alla strada in cui alloggeremo, parte un’altra stradina che, dopo alcune case, si inerpica verso il complesso del tempio buddista che poggia sul versante del monte e guarda Thaton. Salendo, finte rocce ospitano statue coloratissime e dal sapore cinese (ho dato un morso) che raffigurano vecchi saggi con barbe lunghe e lunghi mantelli, un tizio bolso e vestito di verde con ai piedi un maialino, un tipo col viso da scimma e le vesti gialle, e via e via. Saranno personaggi notevoli. Puo’ darsi. In cima alle finte rocce domina una budda dai tratti femminei (e’ un budda della compassione della tradizione cinese). Sara' alto 6 metri.
Arrivati al tempio giriamo un po’ intorno, notiamo i minibus di turisti, e i turisti (qui c’e’ un po’ piu’ di vita); shanti e chris prendono un te’; faccio ancora foto. E poi passiamo oltre.
Continuiamo a salire, verso una statua molto piu’ grande. Un budda bianchissimo e seduto. Questa sara’ almeno 14 metri. Si vede bene anche dal basso, al livello del paese; bianca, tra la vegetazione verde e tropicale.
Fatta una pausa saliamo ancora piu’ su, seguendo la strada. Arriviamo a un altro tempio piu’ piccolo e ottagonale, che si affaccia sulla montagna. Sopra l’edificio siede un altro budda dorato che ha alle spalle sette magnifiche teste di serpente. Non e’ ancora finito ed e’ tutto circondato da impalcature di bambu che lo fanno apparire ancora piu’ imponente e singolare. In questo tempio, come in tanti altri, si tengono i ritiri di meditazione Vipassana': 10 giorni di meditazione senza comunicare mai con nessuno. Chris ha fatto la stessa esperienza in India. Ma questo posto in cima al monte sembra molto piacevole. Il sole e' ormai basso sull'orizzonte e i riflessi sull'oro del budda abbelliscono l'imminente tramontare.
Torniamo in basso, alla strada e al fiume.La sera, dopo una cena a base di verdure saltate e riso in bianco, facciamo due passi per esplorare i confini del villaggio. Il buio fitto di questi luoghi e' perfetto per gustare il cielo stellato. Il villaggio e' proprio piccolo, non c'e' molto piu' di quello che si vede arrivando.
Torniamo alla guest house e via a letto.Se non fosse per il ragno grosso come un pugno che saetta verso il soffitto quando entro nel bagno per lavarmi le mani...
Comunque dormo vestito e col cappello. Shanti dorme nel lenzuolo da viaggio.
La notte e' un freddo diabolico. La mattina ancora di piu'.
Ci alziamo alle 8 e 30 decisamente spossati dalla notte bianca-neve. Colazione e via ad aspettare vicino al molo/attracco per la partenza della barca lunga per Chiangrai. La proprietaria di un emporio/negozio di vestiario nella strada lungofiume ci aveva illusi che saremmo partiti verso le 10 con una barca privata; che significa semplicemente che parte indipendemente dagli orari del trasporto pubblico, basta che si trovino 6 o 7 turisti che vogliono andare a Chiangrai e il gioco e' fatto. Ma il gioco era tutto da fare. Alle 11 siamo ancora solo in 5. La signora chiama invano al telefono alla ricerca di altri viaggiatori. Niente da fare. Se vogliamo partire dobbiamo pagare di piu', perche' siamo in meno. E allora decidiamo di prendere il trasporto regolare, che parte alle 12 e 30.
Tempo da ingannare. Sostando al calduccio del mattino lungo il fiume; rifiutando ripetutamente di comprare manufatti tribali da bambini, donne e ancora bambini vestiti in modo tradizionale e tradizionalmente insistenti nel venderti un cappello a strisce e punte, settanta collanine e duecento braccialetti. No. Grazie. Ho detto no.
Forse prima di partire e' meglio mangiare qualcosa. Il viaggio in barca dura almeno 3 ore e mezza.Al ristorantino thai per thai, mangiamo verdure miste saltate (lo so, imprevedibile) e riso in bianco. Ma e' decisamente la versione piu' gustosa delle tre recentemente assaggiate.
Arriva l'ora della partenza. Le barche lunghe sono delle specie di gondole/canoe con un tetto telato per difendere i passeggeri dal sole. E un motore tipo motoscafo che fa muovere un'elica in fondo a un lungo palo metallico. Sono abbastanza grandi da ospitare almeno 10 persone, piu', ovviamente, il guidatore di poppa.
Il viaggio sul fiume e' piacevole e interessante. A parte alcune ondate d'acqua che ci bagnano i pantaloni. Il guidatore e' esperto. Il fondale e' molto irregolare, il livello dell'acqua sempre diverso. Bisogna saper controllare la barca alla perfezione per evitare di incappare in una secca. E poi, in vari punti, la corrente si fa piu' potente, ed e' qui che le inondate sono un pericolo ad ogni curva.
Breve sosta di dieci minuti nel posto dove partono le gite in groppa agli elefanti. No grazie. Ma figuriamoci. Animali bellissimi. Ma cavalcarli mi pare eccessivo. Usiamo la toilet: forse la peggiore in tutta l'asia. Compriamo una pacchetto di patatine (debolezza, debolezza) che costano 4 volte quello che costerebbero in qualunque altro posto.
Subito prima di rimontare in barca notiamo sulla sponda del fiume un cartello che descrive lo stato fisico-chimico dell'acqua. Non capiamo le scritte in thai, ma il grafico a semicerchio con 4 colori (blu, verde, giallo, rosso) e' comprensibilissimo. La freccia punta sul giallo. Forse un tuffo nello specchio fangoso e' da escludersi.
Il paesaggio cambia poco prima di arrivare a Chiangrai. Le montagne si sono diradate. Attorno soltanto pianure con qua e la' qualche monte solitario coperto da vegetazione tropicale che si innalza all'improvviso al lato del fiume. Pittoresco.
Dopo poco meno di quattro ore, finalmente Chiangrai.
Fine parte II,vado a fare colazione...

frutta muesli e yogurt, infallibile.
Michael

ps. la banana fritta e' decisiva.

Thursday, January 19, 2006

RECUPERO VIAGGI PRECEDENTI - Capitolo 1: Gita a Thaton e Chiangrai. Parte I

Andiamo prendendo il bus locale. si parte dalla stazione White Elephant (in thai qualcosa tipo Chang Po… chang vuol dire elefante, infatti una delle due birre tailandesi piu' diffuse e' la birra Chang con due elefanti nel marchio; l'altra e' la birra Singha, il marchio e' l'immagine vecchio stile di un leone, molto bello). Per andare alla stazione da casa nostra prendiamo un Song Tao (lo spelling e' dubbio ma rende l'idea).

Un song tao e' una sorta di pickup rosso che ha sul cassone coperto due lunghi sedili su cui siedono i passeggeri. E' una specie di taxi condiviso. Ne fermi uno sul bordo della strada, dici al guidatore dove vuoi andare e poi monti dietro. Una volta arrivato paghi 15 o 20 baht (30 o 40 centesimi di euro) a seconda della lunghezza del percorso. Non parlare del prezzo prima di partire perche' altrimenti, essendo tu un farang, il tassista di chiede irrimediabilmente molto di piu', tipo 60, 80 o anche 100 baht.

Piccola parentesi dentro la parentesi song tao. Un farang e' uno straniero. La parola deriva dal modo in cui i tailandesi traslitterano la parola "français": ovvero "farangse'. Da questa farang o falang, a seconda del modo di pronunciare o meno la r. in pratica, per i thai, tutti gli stranieri sono francesi.

Passo indietro. Qualche giorno prima di partire per Thaton e Chiangrai abbiamo lasciato il nostro vecchio appartamento, dove siamo stati per un mese. Non potevamo rimanere di piu' perche' accettavano solo soggiorni di 30 giorni o multipli di 30. quando arriviamo a fare il checkout ci presentano un conto in cui hanno aggiunto all'ultimo momento 200 baht per le pulizie della stanza, perche', dice la donna alla reception, abbiamo trovato la stanza pulita e cosi' la devono trovare anche i prossimi ospiti. Si, d'accordo, ma che senso ha dirci dei 200 baht solo all'ultimo momento? Non e' per i soldi, sono 4 euro. E' per la stranezza. Il prezzo dell'appartamento era 4500 baht per un mese piu' le spese di acqua ed elettricita'. Non potevano dire 4700 tutto compreso, invece di aggiungere 200 alla fine. E poi loro hanno in mano una caparra che equivale a un mese di affitto; se diciamo di non voler pagare per le pulizie, loro le deducono dalla caparra e stiamo a posto. Boh. Sara' all'uso tailandese. Dormiamo coi pesci.

Lasciato l'appartamento il 29 di dicembre, abbiamo trovato posto in una guest house chiamata Eagle House. E' uno di questi posti immerso nelle piante, tipo jungla metropolitana. Tavolini fuori dove gente di 20 nazionalita' diverse (ma poi sono tutti tedeschi) sorbisce caffe' e te' senza soluzione di continuita' e aspetta di partire per questo e quell'altro tour prenotato tramite la guest house.

Parentesi di nuovo. A chiangmai tutte le attivita' commerciali offrono almeno i seguenti tre servizi:
1. ristorazione (di vario tipo e di vari livelli),
2. tour organizzati per visitare i punti notevoli della regione: templi, altri templi, le tribu' della collina, la tribu' delle donne dal collo lungo, degli uomini dal naso grosso, altri templi piu' lontani, ruscelli e ruscelletti dove fare rafting (safety last) e robe del genere.
3. massaggi o internet cafe, a scelta.
Oltre a questo ovviamente tutte le guest house ti posso raccomandare al fratello, alla cugina, alla sorella, alla zia e alla nonna per altri mille servizi, dal noleggio di uno scooter, all'acquisto di gioielli, argento, oro, seta e quant'altro. Pratica abbastanza diffusa e perlomeno poco chiara, visti i legami di parentela tra thai: sono tutti una grande famiglia e puoi chiamare mamma o sorella maggiore una qualunque donna solo perche' ti supera in eta' di qualche anno.

Tornando alla jungla. La sera in cui arriviamo per vedere la stanza sono le 8. e' tardi per i thai. Non c'e' piu' nessuno dello "staff" alla Eagle House. Solo un ragazzetto con i capelli un po' lunghi e le movenze da futuro ladyboy che non parla inglese o quasi e per darci la stanza telefona alla donna che gestisce il posto. Lei parla inglese. Ci danno una stanza. Con tre letti singoli. Se non fosse che ne vorremmo uno solo e doppio. Ma tant'e'. Alla Eagle House trascorriamo gli ultimi 4 o 5 giorni di corso prima della pausa di una settimana in cui andremo fuori citta'. E rieccoci giunti all'era dell'elefante bianco. Il bus locale che ci portera' a Thaton in "sole" tre ore e mezzo e' un catorcio. O meglio, va. Ma e' tanto vecchio. Come molti mezzi di trasporto in thailandia. Qui le macchine durano secoli. Non perdono mai valore. E le riparano in 5 minuti. Si rompono, e loro le rimettono in strada. Fanno un po' piu' rumore, inquinano (ancora un po' di piu'), sono sgarrupate all'impossibile. Ma le rimettono in strada.

piccolo salto nel futuro: ieri eravamo su un autobus a Bangkok e ad un certo punto, dopo una fermata, la porta centrale non si chiudeva. tutto si e' fermato e le luci si sono spente, l'autista ha tirato via tutto il frontale del cruscotto. Ha aggeggiato un po' con i fili sottostanti. dopo 2 minuti ha rimesso tutto a posto. le luci si sono riaccese. La porta si e' richiusa. E siamo ripartiti come se niente fosse.

Torniamo sul bus per Thaton. Sedili dallo schienale altissimo. Non si vede la strada. Siamo seduti in due su un sedile che in realta' vorrebbe ospitare 3 persone. Per fortuna nessuno si unisce a noi. Ma il padre di shanti siede con due donne, una delle quali ha in collo un bambino. La strada e' tutta un saliscendi e per gran parte tutta curve. Specialmente verso la fine del viaggio, che sembra non arrivare mai. Decidiamo a un certo punto di mantenere il silenzio e concentrarci sulla strada perche' altrimenti vomitiamo in blocco. Accanto ad ogni sedile ci sono appesi dei sacchetti di plastica trasparente. Si'. Sono per vomitare. O sputare. (sputare in thailandia e' costume diffusissimo, ed e' ancora meglio se la pratica e' annunciata da grandi rumori di preparazione del colpo in canna: delizioso. Soprattutto quando siete a tavola. Le strade, poi, sono decorate da sputi piu' o meno recenti. Fine parentesi bleah). Ce la facciamo ad arrivare senza problemi. Thaton e' un ponte su un fiume e poche case baracche negozi lungo una strada, ai piedi di una catena di monti. Al di la' dei monti sta Myanmar (la Birmania). Il fiume che vediamo proviene appunto dalla Birmania e scorre verso la citta' di Chiangrai, e poi ancora avanti, fino al Laos. Sono le una e mezza a Thaton. Domani prendiamo la barca per Chiangrai.
Ma adesso bisogna mangiare… e poi che facciamo fino a domani in questo
posto?

Fine parte I, vado a fare un bagno.
michael

Wednesday, January 18, 2006

siamo a Ko Phayam?

sawadeekrap,

scusate ma qui la rete dei cellulari non c'e'. quindi siamo abbastanza tagliati fuori. tuttavia abbiamo trovato un posto dove hanno internet e quindi scriviamo due righe. il viaggio da Bangkok e' stato veloce: autobus locale fino alla stazione degli autobus. autobus a lunga percorrenza fino a Ranong.
prima di scendere dall'autobus shanti ha avuto la bella idea di
chiedere a un tizio occidentale se sapeva dov'era il molo per prendere il traghetto per Ko Phayam. lui ha risposto, seguitemi. seguitolo, ci siamo trovati a vagolare per Ranong, dalle sei di
mattina in poi, con lui e sua moglie thai. loro, guarda caso, sono i nipoti del proprietario del resort nel quale avevamo gia' deciso di alloggiare: Smile Hut. suona come pizza hut, dice shanti. ma, non sembra esattamente un franchising. comunque, abbiamo fatto colazione al mercato locale di Ranong. caffe' senza zucchero ma molto latte condensato, alla maniera thai, e bomboline fritte (stavolta sotto forma di bastoncini di pasta fritta, senza zucchero). poi attraverso il mercato a comprare provviste per la smile hut. poi in moto-carro-sidecar-taxi verso un supermercato che era chiuso (erano anche le 7 di mattina). poi al porto/molo. che piu' di un molo e' una piattaforma di 3 metri per 3, che sporge sul fiume. alle 9.30 abbiamo preso il traghetto lento. durante il viaggio le provviste (cibo e acqua verde) erano fornite sempre dalla strana coppia. ah, lui e' australiano. lavora in arabia saudita, ingegnere elettronico, lavora alla costruzione del Typhoon, apparentemente aereo militare europeo, qualcuno ne sa qualcosa? l'acqua verde e' una bibita in lattina che frizza, e' verde, e sa di quelle gomme a pallina colorate che all'inizio hanno un sapore disgustoso ma dopo 30 secondi non sanno piu' di niente. arriviamo a ko phayam alle 13 di martedi'. dopo solo 18 ore di viaggio da bangkok con 5 mezzi di trasporto diversi. sono cose di pregio. adesso siamo qui in giro con uno scooter a nolo. l'aqua non e' male. ma la sardegna e' meglio. pero' qui c'e' meno gente. anche se i turisti sembrano aver invaso abbastanza l'isola. stiamo in un bungalow di bambu, ovviamente. ci accendono la luce dalle 7 di sera alle 9. tipo prigione. ma devono risparmiare. hanno soltanto un generatore a benzina o roba simile. e un piccolo impianto a pannelli solari, con tipo 3 pannelli. quindi serve a un cavolo. il proprietario della smile hut e' l'ex governatore della regione di Ranong. ha i suoi contati. ha avuto i pannelli "a gratis". ci risentiamo domani. forse.
per emergenze: il numero della smile hut e' +66-77-820-335. room number 2.

michael, shanti, etc.

ps. colonna sonora: Backstreet Boys (larger than life)

Thursday, January 12, 2006

certificato di garanzia

Un messaggio corto per dirvi che siamo ancorra vivi e non contaminati dall'aviaria. Anche per annunciare che abbiamo ricevuto il nostro diploma con il voto massimo di A. Stasera andiamo via. Autobus di notte verso Bangkok. Ci rimaniamo qualche giorno e dopo andiamo sull'isola di Koh Payam. Isola non troppo turistica dove ci rilasseremo per qualche altro giorno. Non essendo vicino al mare siamo rimasti piuttosto bianchi, c'e' da lavorare. Mio padre ci lascia a Bangkok per ritornare al posto che chiama casa: l'India. Pensiamo di ritornare in Italia insieme verso inizio-meta' febbrario per cercare lavoro in Taiwan, Giappone, Korea.

Baci,
Shanti

ps. seguira' dettagliato rapporto nei prossimi giorni. scusate l'assenza prolungata da queste pagine. michael.

Sunday, January 01, 2006

il giorno dopo l'ultimo e' il primo

si', d'accordo, i thai festeggiano la fine dell'anno.
ma non si capisce perche'.
in thailandia, come gia' ricordato, non e' (era) il 2005; era il 2548.
in thailandia la fine dell'anno tradizionalmente sarebbe verso la meta' di aprile. coincide con l'odierna festa nazionale del Songkran (dal sanscrito = movimento, cambiamento). Songkran cade alla fine della stagione secca. tuttavia, dal 1940 in poi hanno deciso di abbracciare la consuetudine occidentale del 1 gennaio come inizio dell'anno. quindi, per quanto capisco siamo ora nel 2549.
benvenuti.
per ulteriori informazioni vi rimando a quel gioiello di nozionismo e saggezza che e' wikipedia (
http://en.wikipedia.org/wiki/Songkran ).

comunque, noi alle 10 di sera eravamo bellamente a letto. shanti dice di avere sentito dozzine e dozzine di lunghe esplosioni di fuochi d'artificio. io non ricordo niente. dormivo.
in compernso verso le 9 ho bevuto una pinta di guinness, in uno strano pub irlandese. si chiama U.N. Irish pub. ma perche'? e' delle nazioni unite? John, che fa il corso di TEFL con noi, ed e' irlandese, lo chiama "the unIRISH pub", perche' di irish ha veramente poco.
una pinta di guinness costa 160 baht (3 euro e 20) che e' il prezzo di una cena per due o tre persone.

a cena siamo stati ad un ristorante thai-giapponese.

insomma, di thailandese abbiamo fatto proprio il giusto. ma i festeggiamenti (il countdown) davanti a Tha Pae Gate non erano male. un palco immenso con musica e strani gruppi di cantanti misti a ballerini/e che si avvicendavano. sembrava uno di quei varieta' che fanno sulle tv locali, roba tipo TVL. insomma di un pregio assoluto.
dev'essere il bello della thailandia. qui la roba piu' kitsch del mondo e' proprio cool. (chiedo venia. non scrivero' mai piu' una frase con cool, a parte quest'ultima, ovvio).

se riesco, vi mando qualche foto. ma non del capodanno. di qualche settimana fa. anche la pubblicazione delle foto ha il suo bel fuso orario.

baci,
ed auguri a tutti,
michael

Lucine

Buon anno a tutti,

Il nostro capo d'anno e' finito presto. Siamo andati a letto verso le 10.30. Poi siamo stati svegliati dalle rafiche di fuochi d'artificio. Almeno 10 min senza interruzione. Ma prima abbiamo girato nella citta' gia ubriaca alle 7. Siamo andati dal nostro ristorante thai-giaponese dove fanno sushi che costano poco (40 baht/80 cent per 6). Ho insisto per andare nel piazzale principale di Chiangmai dove avevano installato un palcoscenico enorme. Li c'erano diversi stand dove vendevano cibo. Un festa thai deve essere piena di cibo senno festa non c'e'. Abbiamo preso un pezzo di torta al ciocolato guardando diversi boy e girl band sul palco. C'erano quasi sempre ballerine e ballerini. Le femmine vestite di bianco molto stretto e tacchi da fare paura (forse per essere viste meglio). Gli uomini sempre di bianco ma piu' in stile hip hop. Come al solito la coordinazione importa poco, ballano a volte anche subito davanti al cantante che non vediamo piu'. Fortunamente ci sono gli schermi da tutte le parti. La cosa piu' bella erano le mongolfiere. Un gruppo di 3, 4 persone apre una cosa bianca fatta di carta molto leggera. Una persona accende un carbone e aspettano che la mongolfiera si riempia di gaz. All'ultimo momento quando sta per decollare fra i diti del gruppo, uno fissa petardi con un filo di ferro e gli accende. Lasciano andare la mongolfiera e raggiunge le altre lucine rosse nel cielo. Il cielo diventa come un fiume sul quale galleggiano luci.

Shanti